Fùnambol, Funàmbol o Funambòl?

Fabrizio Capobianco

Fabrizio Capobianco

Per incaponirsi in una scelta che tutti considerano sbagliata e che si rivela nell’immediato persino dannosa,  ci vuole un istinto suicida. Oppure, talento e lungimiranza negli affari.

Negli Stati Uniti, per uno che si chiama Fabrizio, nome praticamente impossibile da dettare con spelling inglese  (non c’è proprio verso  di farlo scrivere o pronunciare correttamente), scegliere per la propria azienda un nome come “Funambol” denota a prima vista masochismo.

Fùnambol, Funàmbol o Funambòl?

Fabizio Capobianco, classe 1970, giovane amministratore delegato della
società specializzata in tecnologie per  coniugare posta elettronica e telefonini, a cavallo tra Silicon Valley e Pavia, ammette che quel nome gli ha provocato non pochi grattacapi. Perchè era difficile trovare due interlocutori americani che lo pronunciassero allo stesso modo, con sterminate varianti, da “Fanàmbol” a  “Fiunambòl” ecc…
“Avevo cercato nel vocabolario italiano qualche parola che suonasse come fun, divertimento in inglese, che mi piaceva. E sono capitato su funambolo. Un significato ideale, per una tecnologia in bilico”, spiega davanti ad un risotto ai funghi in zucca, al ristorante La Strada, University avenue, cuore di Palo Alto e ritrovo degli italiani dell’hi tech californiano.
Il difficile equilibrio, “Funambol” lo ha trovato tra open source e commerciale. Offrendo cioè un prodotto gratuito ad una vasta comunità (circa a due milioni di utenti), vendendone poi una versione avanzata agli operatori mobili.
Quel nome, che importanti partner gli avevano persino intimato di cambiare, alla fine si è rivelato azzeccato.
E’ stata la carta giusta, quando dopo aver avviato una piccola azienda a Pavia, di fronte allo scetticismo dei colleghi Capobianco si era incaponito a tornare in quella Silicon Valley dove ai tempi della sbornia informatica, fine anni Novanta, aveva lavorato per Tibco, società del gruppo Reuters.
Ufficio “virtuale” con segreteria telefonica camuffata, pochissimo tempo per i contatti. Ed un  messaggio  ricevuto appena arrivato negli Usa. Con una  busta con dentro un contratto e un assegno da 350.000 dollari.
“Non volevo crederci,  per chi me l’ha proposto in effetti non era granchè, visti i milioni che manovrava. Per noi invece… ma l’interesse per il nostro business era concreto. Pochi passaggi per aggiustare il contratto e siamo partiti”, ricorda.
Oggi Funambol ha un fatturato definito “molto buono” e una settantina di dipendenti.
Moglie mamma a tempo pieno, dopo anni come ricercatrice a Stanford, figlia di cinque anni,  Capobianco continua a far la spola tra Silicon Valley e Pavia, dove i prodotti Funambol vengono sviluppati.
“Mal che vada, potrei candidarmi in politica in Valtellina”, scherza mostrando con orgoglio una copia del Giorno, che dedicandogli di recente un’intervista di una pagina lo ha trasformato in celebrità a Sondrio, città in cui vivono i suoi genitori. Che finalmente han tirato un sospiro di sollievo.
“Hai voglia a spiegargli cosa fai dall’altra parte del mondo… alla fine chiedevano sempre: ma c’è proprio bisogno di fare novemila chilometri per lavorare?”.
Ora forse hanno capito anche loro cosa fa quel figlio giramondo, un po’ funambolo.

5 Comments

  • Paolo on 4 Marzo 2008

    In realtà a Fabrizio l’ho già detto, altro che Valtellina, con tutto il rispetto per quella bellissima valle ( Flavio Bonomi, Direttore Cisco Research Centre viene anche lui da lì…Roberto incontralo!) Fabrizio lo aspettiamo, prima dei 50 anni se possibile, Ministro di questa Repubblica! spero che qualcuno dei nostri “so called new men” se ne accorga!

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