Bonnie & Clyde, fu il film sulla leggendaria coppia di banditi ad anticipare il cinema “controcorrente” che salvò Hollywood

Clyde Barrow e Bonnie Parker

Clyde Barrow e Bonnie Parker

“Come i fiori sono resi più profumati / dalla luce del sole e la rugiada / così questo vecchio mondo è più splendente / Grazie all’esistenza di persone come te”.

Sono i versi scritti sulla tomba di Bonnie Elizabeth Parker, tratti da una sua poesia.

Non era una poetessa Bonnie ma è entrata per sempre nell’immaginario popolare, assieme al suo compagno Clyde Barrow, come la coppia di banditi più celebre della storia americana, icona di una criminalità che nell’era della Grande Depressione, in modo spavaldo e spietato, fra rapine, omicidi e grandi fughe, perennemente ricercata,  viveva a grande velocità quasi con la consapevolezza che quella vita sarebbe durata poco.  Finì il 23 maggio 1934, in un’imboscata  propiziata dal tradimento di un loro complice, crivellati dai poliziotti che li aspettavano: 17 colpi nel corpo di lui, 26 in quello di lei.

Come spesso accade, molti ingredienti della loro leggenda non corrispondono alla realtà storica, spiega uno speciale a loro dedicato da Biography.com. Bonnie pur avvenente era alta solo un metro e mezzo, non fumava sigari (malgrado una foto che la rese famosa), i due non rapinarono assieme così tante banche (in genere Clyde lo faceva con altri complici), inseguivano entrambi passioni artistiche: lei scriveva poesie e sognava una carriera nel cinema (e nelle auto da loro rubate venivano trovare regolarmente riviste di cinema), lui che aveva suonato la chitarra era diventato un discreto sassofonista (e un sassofono fu trovato nell’auto in cui morirono).  Furono quattordici gli uomini di legge uccisi sul loro percorso. Ma l’omicidio di due agenti, che rivoltò loro contro l’opinione pubblica che prima li guardava con una certa simpatia, fu frutto di un malinteso: Clyde ordinò a un complice di catturare uno degli agenti, lui invece sparò.

L’imbalsamatore che trattò i loro corpi prima della sepoltura fece a fatica il suo lavoro, per la quantità di ferite in tutte le parti. Per coincidenza anche lui era stato fra i tanti catturati e poi liberati dai banditi durante una delle loro razzie.

Uscito nel 1967, “Gangster Story” il film di Arthur Penn con Faye Dunaway  e Warren Beatty (che ne fu produttore) nei panni di Bonnie e Clyde, fu un enorme successo. L’arte sa cogliere in anticipo le tensioni che sfociano in fenomeni sociali…così alla vigilia della grande contestazione studentesca e del Maggio francese, Robert Benton e David Newman, che curarono la sceneggiatura di “Gangster Story” si ispirarono chiaramente alle inquietudini della Nouvelle Vogue francese, e inizialmente si era addirittura pensato di affidare la sceneggiatura del film a Jean-Luc Godard e Francois Truffaut ( lo scorso anno Bonnie and Clyde è tornata sullo schermo con una minierei tv).

Bollata per anni a sinistra come film “fascista”, la pellicola di Arthur Penn con la sua celebrazione dello spirito ribelle è considerata invece l’anticipatrice di quell’ondata di cinema anticonformista degli anni della controcultura, di cui “Easy Rider” è il simbolo. Quel cinema, spiega un bellissimo documentario, Easy Riders Raging Bulls, ispirato all’omonimo libro di Peter Biskind, grazie alla generazione sesso-droga-rock ‘n roll, ha letteralmente salvato e rigenerato Hollywood, che dopo l’ennesimo kolossal finito in un fiasco stava per chiudere definitivamente la stagione degli studios.

La protesta, la controcultura, come fucina di innovazione sociale. E successo anche a Silicon Valley, ha scritto un vecchio amico di Italiani di Frontiera, Enrico Beltramini, nel bellissimo Hippie.com…