Premio Kramer per la ricerca su detriti e volo spaziale ad Alessandro Rossi, Italiano di Frontiera… che ha scelto l’Italia per volare

Alessandro Rossi ricercatore nel campo della navigazione spaziale

Alessandro Rossi ricercatore nel campo della navigazione spaziale

“Sì, volare alto è possibile. Anche quando tutto attorno sembra volerti mortificare e riportarti a terra. Ma le soddisfazioni e i riconoscimenti che arrivano da lontano confermano di essere sulla strada giusta. Danno la forza per sopportare contraddizioni assurde. E infondere carica agli altri…”

Le parole di Italiani di Frontiera, nel raccontare qualche anno fa uno straordinario “Italiano di Frontiera in patria” sono state profetiche. Alessandro Rossi, responsabile del Gruppo di Ricerca “Astrodynamics and Space Debris” dell’ IFAC (Istituto di Fisica Applicata Nello Carrara)-CNR di Firenze,  è stato insignito del Premio Edoardo Kramer,  dell’Istituto Lombardo Accademia delle Scienze e delle Lettere,  ad uno studioso italiano per aver “ottenuto significativi risultati nel campo dell’aerodinamica con particolare riferimento alle orbite di satelliti e di detriti spaziali”. Alessandro oggi è il coordinatore di un avveniristico progetto, ReDSHIFT (qui la pagina Facebook) che attraverso un approccio olistico verso le tecnologie del futuro, propone una progettazione rivoluzionaria di mezzi spaziali a costi contenuti utilizzando stampanti 3D.

Volare alto, consapevoli dei pericoli che i detriti rappresentano… sembra una metafora del percorso professionale di  Alessandro, che dopo aver  rinunciato a una sicura carriera di prestigio all’estero ha deciso di intraprendere un faticoso percorso di ricercatore in Italia: navigare in una cronica mancanza di risorse, con occhio attento per evitare i mille ostacoli rappresentati dalla burocrazia. Si era laureato a  a Pavia, e aveva iniziato a far ricerca a Pisa. Poi raccogliendo  una pioggia persino imbarazzante di elogi da parte di luminari internazionali, aveva concluso un dottorato a Parigi, che gli avrebbe aperto qualsiasi porta nella ricerca internazionale nel suo settore. Ma lui ha scelto invece di proseguire lo studio delle dinamiche del volo spaziale in Italia, al CNR (qui alcune delle sue pubblicazioni raccolte da Google Scholar)

Un percorso che ha compreso la collaborazione con un’azienda innovativa  (già “Carlo Gavazzi” e “Compagnia Generale dello Spazio”, oggi OHB) combinando ricerca e industria con un team di scienziati, per rispondere per lo più a gare dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) riguardo alla Space Situational Awareness (SSA), al lavoro in SpaceDyS aziende pisana passata da poco da startup a PMI,  con altri progetti legati ad altre missioni spaziali ESA ed ASI. Infine la soddisfazione di veder premiati i propri progetti con due grossi stanziamenti, da Comunità Europea ed ESA, che gli hanno consentito di supplire alla scarsità di fondi, permettendogli di assumere alcuni giovani ricercatori e creare un team  di ricerca in un campo in cui prima si era mosso da “lupo solitario”.

Qualche anno fa, Alessandro aveva affidato a Italiani di Frontiera le sue riflessioni, con qualche risvolto amaro sulla sua esperienza, simile a quella di altri scienziati, abituati allo schizofrenico contrasto fra prestigio e riconoscimenti goduti all’estero e situazioni spesso avvilenti che sembrano studiate apposta per demotivare i ricercatori in patria. Molto più che uno sfogo, perchè aveva toccato punti cruciali che riguardano l’approccio culturale, nei confronti della ricerca.  Come ad esempio l’atteggiamento in Italia verso chi vince un concorso. E’ come se… “ecco finalmente te l’abbiamo dato, non sei tu che ti conquisti per i tuoi meriti come qualcosa concesso benevolmente… la ricerca non è considerata un valore sufficientemente importante a molti livelli.. spesso ci si sente tollerato come un privilegiato che studia magari la dinamica di un asteroide e… si ma a noi che ce ne frega? Mentre in altri Paesi si investe nella ricerca e nei momenti di crisi si investe ancora di più”.

 

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Con Alessandro Rossi, poco dopo l’uscita di “Italiani di frontiera. Dal West al Web: un’avventura in Silicon Valley”