Mario Savio: il 2 dicembre 1964 a Berkeley il suo discorso storico che diede il via alla protesta studentesca. Preannunciando il ’68…

 

“Arriva un momento in cui il funzionamento della macchina diventa così odioso, ti rende così infelice che non puoi più farne parte, non puoi farne parte nemmeno passivamente. E devi mettere il tuo corpo sugli ingranaggi, sulle ruote, sulle leve, su tutto l’apparato, e devi farla fermare. E devi mostrare alle persone che la gestiscono, alle persone che la possiedono che se non sarai libero, alla macchina sarà impedito del tutto di funzionare”. 

Come Demostene, l’oratore greco, da bambino aveva sofferto di un grave difetto della parola. Questo non gli impedì di pronunciare a nemmeno 22 anni un discorso entrato nella storia,  incendiando la protesta degli studenti della Berkeley University. Il 2 dicembre 1964, sui gradini di Sproul Plaza, le sue parole lanciarono il Free Speech Movement. E qualcuno ha scritto che fu lui a “inventare” il ’68… Era nato a New York ma i suoi genitori erano italiani e il padre siciliano era emigrato nel 1928 dalla provincia di Caltanissetta. Si chiamava Mario Savio. Ed è stato uno dei protagonisti di quella controcultura californiana che è alle radici della rivoluzione hi tech  che ha ispirato New Economy e Silicon Valley.

 

 

 

 

csp_savio-rally_hyjc1Erano trascorsi due mesi da quando, il primo ottobre 1964, Mario Savio aveva compiuto un altro gesto straordinario, dopo che la polizia aveva fermato un suo compagno, Jack Weinberg, che stava facendo propaganda per il CORE, Comitato per l’Uguaglianza Razziale. All’alba della stagione delle proteste studentesche, lo scontro con le autorità accademiche riguarda proprio il diritto di svolgere attività politica all’interno del campus.  Quando Jack sta per essere portato via nell’auto della polizia, Mario Savio sale sul tetto dell’auto, dopo essersi tolto le scarpe per non danneggiare una proprietà pubblica, comincia a usare l’auto come podio per arringare la folla. Qualcuno grida “Sedetevi!” e una folla di studenti, arriveranno ad essere tremila, si raduna attorno all’auto, adottando la tecnica di protesta nonviolenta del sit-in, tipica del movimento contro le discriminazioni razziali. Gli agenti nell’auto restano bloccati, la situazione di stallo durata ben 32 ore, sino a quando le accuse contro Weinberg vengono ritirate e lui viene rilasciato.

Mario Savio nasce l’8 dicembre 1942 a New York. Il padre Joseph emigrato dalla Sicilia sta combattendo nella seconda guerra mondiale, nei primi anni viene accudito dalla mamma Dora e dal nonno materno, Armando, originario del Nord Italia e ammiratore di Mussolini. Alla fine della guerra, le tensioni fra il padre tornato dal fronte, antifascista sostenitore di Roosvelt e il suocero fascista diventano palpabili. Mario è considerato dagli insegnanti un “bambino nervoso”, che ha problemi nell’esprimersi: su alcune parole e sillabe si blocca, così utilizza giri di parole per evitare quegli ostacoli, con una tensione ed uno sforzo che impegnano tutto il suo corpo, in spasmi che a volte lo costringono a rinunciare. Sin da ragazzo ha una forte passione religiosa e viene conquistato dagli ideali di egualitarismo del socialismo. E’ affascinato da Karl Marx ma non capisce perché venga considerato l’Anticristo. Decide di parlarne col padre, che gli racconta allora un aneddoto. In Sicilia, un militante comunista aveva tentato di convertire suo bisnonno Beppino, che si era detto interessato all’idea di cedere metà delle sue proprietà al partito. Ma aveva chiesto al militante: cosa sarebbe successo se il partito in un anno avesse dilapidato quella ricchezza? Il militante aveva risposto che allora si sarebbe dovuta ridividere di nuovo la sua proprietà e… “Vattini via, prima che ti degno ‘na bastonata!” , era stata  la reazione del bisnonno, roteando il suo bastone. Anni dopo, a un giornalista che gli chiedeva da dove suo figlio  avesse preso quelle idee così radicali, il padre aveva risposto che le aveva trovate in un libro letto in casa… ed aveva mostrato una copia della Bibbia.

GLI STUDI E L’IMPEGNO CIVILE

Mario inizia a frequentare un college cattolico a New York, prendendo via via le distanze dagli insegnamenti della Chiesa ma sempre più appassionato a questioni di natura sociale. Un periodo trascorso in Messico come volontario in un’associazione umanitaria gli fa scoprire il dramma del Terzo Mondo. E quando i suoi si trasferiscono in California, lui decide di seguirli e sceglie l’Università di Berkeley, dove arriva nel 1963, consapevole che i fermenti che già agitano l’ateneo sono in linea con la sua vocazione all’impegno politico. In quell’anno viene assassinato John Kennedy, l’impegno degli USA nel Vietnam comincia a diventare consistente. Ma è soprattutto l’anno della grande mobilitazione per i diritti civili dei neri americani, culminata con la marcia a Washington ed il celeberrimo discorso di Martin Luther King davanti al Lincoln Memorial: “I have a Dream“. Le autorità scolastiche si illudono di poter tenere questa enorme carica di passione civile all’esterno degli atenei, grazie a severe norme in linea con le ossessioni della Guerra Fredda ma adottate negli anni Trenta: “West Coast Red Scare” viene chiamata la grande paura che lo sciopero generale di San Francisco potesse diffondere sentimenti comunisti. A Berkeley il presidente dell’ateneo Clark Kerr non è un conservatore ma il tentativo di impedire agli studenti di svolgere le attività di impegno politico e civile nell’unico spazio all’aperto è l’innesco di una rivolta.

Davanti a seimila persone che manifestano, quel due dicembre 1964 (tra loro pure Joan Baez, che guida i canti intonati in gruppo), Savio sviluppa magistralmente una metafora che per paradosso gli era stata suggerita dal suo antagonista. Kerr infatti non aveva voluto prender le distanze pubblicamente da un divieto (preso dal Consiglio dei Reggenti) che forse non condivideva. E aveva detto: “Ve l’immaginate il manager di un’azienda che prende pubblicamente posizione contro il suo Consiglio dei Direttori?”. E quello era stato lo spunto che Savio aveva colto.

“Bene vi chiedo di considerare, se questa è un’azienda e il Consiglio dei Reggenti è un Consiglio di Direttori e il president Kerr di fatto un  manager, allora vi dico una cosa: la facoltà è un mucchio di dipendenti e noi siamo materia prima! Ma siamo un mucchio di materie prime che non hanno intenzione di esserlo,  di essere in alcun modo manipolate. Non hanno intenzione di esser trasformate in un prodotto! Non hanno intenzione di finire con l’essere acquistati da qualche cliente dell’Università, dal governo, essere la loro industria, essere il loro laboratorio organizzativo… Noi siamo esseri umani!”.

 LE RADICI CULTURALI DI QUEL DISCORSO

Quel discorso è stato a lungo studiato ed analizzato, per individuare le radici culturali di quelle parole ispirate. Forse  la disobbedienza civile di Henry David Thoreau, la democrazia radicale di Walt Whitman, la resistenza passiva del Mahatma Gandhi e di Lev Tolstoi. Di sicuro la suggestione di Charlie Chaplin operaio inghiottito dagli ingranaggi della catena di montaggio in Tempi Moderni.

Quelle parole trasformarono in leader carismatico Mario Savio, che però lasciò il Movimento per la Libertà di Parola l’anno successivo,  lamentando una frattura fra i vertici e gli studenti, e provato dai lunghi strascichi giudiziari delle sue iniziative. In quell’anno si sposò, vinse una borsa di studio ad Oxford dove non completò gli studi. Tornò l’anno dopo in California e corse senza successo per un posto di senatore. Nel 1980 si sposò una seconda volta, tornò a studiare, alla San Francisco  State University, dove si laureò in Fisica col massimo dei voti e la lode nel 1984. Nel 1990 ottenne una cattedra di matematica, filosofia e logica alla Sonoma State University e si trasferì lì con moglie e figlio.

LA MORTE E GLI OMAGGI ALLA MEMORIA

Il 2 novembre 1996 i problemi di cuore che lo avevano a lungo afflitto si aggravarono: in coma per qualche giorno, mori il 6 novembre nelll’ospedale di Sebastopol, California, che nel 2012 gli ha dedicato una piazza. Lo stesso anno l’Università di Sonoma gli ha intitolato lo Speakers Corner del suo campus.

Anche il campus di Berkeley ha reso omaggio alla memoria di Mario Savio, in un luogo d’incontro per studenti e professori, all’ingresso della Moffitt Library. Si chiama Freedom Speech Movement Cafè.

Nel 1999 si scoprì che Savio era stato per un decennio al centro di investigazioni da parte dell’FBI che lo considerava il più promettente leader del movimento studentesco a livello nazionale.

Nel 2009 Oxford University Press ha pubblicato la corposa biografia di Mario Savio, scritta da Robert Cohen, laureato a Berkeley e docente di studi sociali e storia alla New York University, fonte di buona parte delle informazioni di questo post.

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