Giorgio Pocaterra, un vicentino cowboy romantico del Novecento in Canada
Primi anni del Novecento, l’epopea del Far West negli Usa si è appena conclusa, ma l’ovest canadese è ancora selvaggio e scarsissimamente popolato.
Un uomo bianco nella boscaglia ha appena tagliato alcuni tronchi per il suo ranch e si riposa preparandosi a fumare, quando si accorge di essere circondato da indiani, piu’ incuriositi che minacciosi. Reagisce con un sorriso offrendo loro del tabacco. La tensione si scioglie e se li fa amici. Scoprirà piu’ tardi che l’esclamazione con la quale loro avevano reagito, nella loro lingua significava “Questo bianco non ha paura di nulla!”.
Quel rancher, nel profondo ovest canadese, era vicentino. Si chiamava Giorgio Pocaterra, nato il 22 settembre a Piovene Rocchette, paesino all’ingresso della Valdastico, nel 1882.
Un’altra storia straordinaria di “Italindani” scoperta da Cesare Marino, antropologo dello Smithsonian Institution e partner di Italiani di Frontiera, che si ripromette di ricostruirla nei particolari.
Rampollo di buona famiglia, dopo gli studi in Inghilterra Pocaterra seguì l’istinto d’avventura alimentato da ragazzo con le escursioni alpine con il Cai ed i romanzi di Emilio Salgari e James Finemore Cooper, alla conquista dell’ovest canadese.
Cowboy romantico del Novecento, Pocaterra aprì un ranch che fu pioniere dell’agriturismo, per turisti di citta’. E visse a contatto profondo con gli indiani, con un rispetto ed un’ammirazione per la loro civiltà che forse mancava ai ranchers anglocanadesi.
Figlio di un alto funzionario della fiorente industria laniera vicentina, dice Marino, Pocaterra crebbe seguendo il padre nelle escursioni montane ed eccellendo da studente negli sport, dal ciclsmo al calcio al rugby. Fu mandato a studiare a Berna, poi in Inghilterra a Bedford, Yorkshire. Ma il futuro nel settore tessile gli stava stretto. Così, affascinato dai libri letti sul Far West, per lui divenne decisivo l’incontro a Berna con un reverendo canadese della provincia di Manioba.
Partì da Liverpool sbarcando in Nuova Scozia nel marzo 1903. Sognava l’Ovest ma con pochi soldi in tasca la vita fu durissima e arrivato nel Manitoba finì a spalare letame dei maiali. Ma senza cedere, puntoa verso le Montagne Rocciose e le raggiunse l’anno successivo, insediandosi in una casetta colonica ed avviando poi un vero ranch per l’allevamento . Ma non disdegnava escursioni nei territori circostanti dove pochi bianchi si avventuravano, E fu li’, ricorda Marino, il suo primo incontro con un gruppo di indiani Stoney, inizio di una profonda amicizia con i nativi americani, di cui apprese a fondo e con grande rispetto usi, costumi e lingue.
Con loro andava a caccia e fu durante una battuta in un ambiente micidiale che salvo’ la vita a due figli di un capo, portandoli al sicuro. Guadagnandosi riconoscenza eterna, ed un nome indiano: Figlio della Montagna.
Dopo anni Giorgio tornò in Italia, incontrando in un ristorante milanese una cantante lirica, Norma Piper, che veniva da Calgary e divenne sua moglie. Con lei tornò nell’ovest canadese, non senza difficoltà.
Negli anni Cinquanta, ricorda ancora Marino, Pocaterra fu interprete per la troupe del regista Raoul Walsh che girava in quella regione “Saskatchewan” (1954) con Alan Ladd e Shelly Winters. Poi fece del suo “Buffalo Head Ranch” che gli è sopravvissuto, la meta di un’altra attività pionieristica: l’agriturismo, meta di facoltosi turisti di citta’ in cerca di emozioni nel selvaggio West.
Pocatera morì il 12 marzo nel 1972. Non prima di aver registrato lunghe testimonianze orali sulla sua avventurosa vita, che si possono ascoltare ancor oggi in Rete, sul sito della comunità italiana dell’Alberta.
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