Ezio Valdevit, friulano ex Olivetti pioniere dello storage network
Dall’esordio in Silicon Valley con Olivetti ad un’attivita’ da pioniere nel campo dello storage network.
Ezio Valdevit, friulano, racconta la sua carriera e spiega quanto e’ importante per un’azienda garantire ai tecnici una carriera senza limiti, che non li costringa a trasformarsi loro malgrado in manager.
INIZIO CON OLIVETTI – Friulano di Sacile (Pordenone) dopo la laurea in Fisica all’Universita’ di Padova ho iniziato nel 1983 a lavorare con Olivetti a Ivrea, che dopo alcuni anni mi ha inviato a Silicon Valley per un progetto congiunto con una ditta di cui aveva una compartecipazione. Facevamo un sistema vantaggioso (consentiva di risparmiare grazie a prestazioni avanzate senza bisogno di costose sostituzioni) che andava connesso ai centralini telefoni analogici per fornire prestazioni digitali, tutte funzionalita’ che i telefoni oggi hanno, anche i cellulari e che quelli analogici all’epoca non avevano. Poi fornivamo anche prestazione dati con Internet a bassa velocita’ ma a lunga distanza sullo stesso cavo telefonico. L’azienda si chiamava David Systems, l’idea era molto brillante ma prematura per il suo tempo e mai maturata, con l’avvento di un’altra integrazione ha permesso di fare dei centralini digitali e ditta e’ stata venduta. L’ideatore era Mario Mazzola, vicepresidente engineering, la David fu acquisita da un’azienda poi confluita in Tricom.
All’inizio del 1990 sono passato ad un’altra ditta che si occupava di network, lavoro che avevo gia’ iniziato a Olivetti dove sviuppavo protocolli di comunicazione.
A Net, che realizzava nodi per voce e dati per reti private, era una delle poche aziende quotate a Wall Street invece che al Nasdaq, all’epoca un gioiello di Silicon Valley. Avevano avuto contatti per acquisire una piccola start up che faceva router… chiamata Cisco. Ma decisero di non comprarla… tre anni dopo e’ andata pubblica.
ARCHIVIO DI RETE – Avevamo un progetto interessante, uno chassis based con schede, un progetto di scheda che fosse a tutti gli effetti un router. Il software era fornito da Cisco noi dovevamo adattarlo all’hardware. Lavoro interessante, per le molte funzionalita’ sviluppate, anche se non molto creativo. E nel 1993 sono passato poi a Synoptics, c’era boom di ATM (Asyncron Transfer Mode) sistema di trasmissione dati. Si lavorava in un progetto per portare questa tecnologia nel cuore dei data center aziendali, usando questo Atm come supporto per rete Internet. Ma la tecnologia non era adatta. Dopo aver lavorato con ditte di medie dimensioni oltre i mille dipendenti sentivo la nostalgia dell’ambiente della start up piu’ innovativo e meno burocratico, dove e’ piu’ facile avee un’idea e mettersi a realizzarla in poco tempo e con risultati piu’ rapidi. Ho accettato l’offerta di Brocade, che si occupava di storage. Facevano switch per connettere server potenti a delle memorie di massa, banche di dischi. L’idea era che questi dispositivi potessero essere in comunicazione e formare una rete. Le persone dell’azienda non avevano esperienza di networking e mi ha affascinato il fatto che avrei potuto essere autonomo perche’ li’ ero l’unico esperto di tecnologie di rete del progetto, poi chiamato Storage Network. Era il 1996 e sono li’ tutt’ora. Un’avventura molto bella, entusiasmante.
UN MERCATO NUOVO – Abbiamo creato un nuovo mercato, in cu molti non credevano. C’era diffidenza per una tecnologia ibrida, fra storage e network ed e’ andata molto bene. Era il periodo boom di Internet e la gente aveva un bisogno disperato di memoria, con un boom di dati. La nostra soluzione ha permesso di ottimizzare l’uso dei dischi. Al contrario di quanto successo alla David, questa era l’ idea giusta al momento giusto… Col nostro sistema ad una sola porta allo swich si potevano collegare altre 15 sistemi di dischi… ora esistono sistemi a 10mila porte…. questo ha permesso una serie di funzioni, ad esempio il back up in real time, mentre un tempo si effettuava solo di notte su dati statici… ora anche altre tecnologie lo permettono. Ormai e’ un business di 24 ore su 24. E questo fuori dalla Rete, con decine o centinaia di server high end si poteva collegare un numero limitato di dischi. Mentre Internet e’ stata di stimolo a questa tecnologia, per la richiesta costante di spazio e memoria. E per la facilita’ e flessibilita’ d’uso per i server e chi ha bisogno di enorme spazio per memorizzare. Tranne Google, che fa in casa anche i propri computer, viene utilizzata ovunque, da Goldman Sachs alla Ford alla Ferrari, dalla farmaceutica alle banche come Deutsche Bank .
Quello della memoria e’ un settore in crescita anche se in conseguenza alla crisi economica questa crescita non e’ esponenziale. Ora c’e’ un tentativo di riproporre una soluzione gia’ avanzata a inizio Duemila, quella degli storage service provider, che fornivano spazio per memoria agli utenti via Internet. All’epoca non aveva fatto molta strada, ora viene rilanciata anche perche’ con i dati cifrati e’ diventata piu’ sicura.
AZIENDE DI FAMIGLIA – A mio parere uno dei macigni al collo dell’industria italiana e’ che e’ troppo paternalistica e a conduzione familiare… in fondo anche se pensiamo alla Fiat, e’ una ditta pubblica ma ha ancora dietro gli Agnelli… in Silicon Valley manager director e vicepresidente si siede accanto a te, non c’e’ quella distinzione in fondo classista fra ingegneri al primo piano i manager al secondo, che non si parlano se non in forma ufficiale. Questa la prima grosa differenza. Qui il manager ti porta a pranzo vai a parlarci piu’ o meno quando vuoi… qui in un certo senso c’e’ piu’ rispetto per la persona che lavora, in Italia il manager si sente superiore. Qui quasi non esiste la conduzione familiare, che in genere si ferma al ristorante. Anche negozi e librerie di famiglia tendono a sparire, uccise da Amazon e catene come Borders. L’azienda a conduzione familiare implica un rapporto meno professionale e piu’ paternalistico con i dipendenti.
SUCCESSO CONDIVISO – Altra cosa importante e’ la condivisione del successo della ditta. In Italia non e’ pensabile avere la macchina piu bella del tuo manager. Qui si’ se hai avuto successo economico in un posto e lui magari no. Anche perche’ questo si ottiene in genere con le stock option, magari incassate dal tuo precedente lavoro. Con le stock option tutti hanno un certo interesse a portare al successo l’azienda che significa quotazione in Borsa o vendita, per monetizzare queste stock options (che ora le ditte devono riportare in bilancio) … Anche se c’e’ il rischio che se va male un giorno non valgano niente. Nella mia prima ditta quanto e’ stata venduta le mie stock option valevano tre millesimi di dollaro l’una…. quelle di Brocade invece sono andate molto bene.
VALORIZZARE LE COMPETENZE – Cosa importante, qui le ditte hanno iniziato a creare due “dual path careers”, puoi fare cioe’ il project leader da tecnico, senza essere un manager e senza esporti a delle persone performance.
Un tecnico di alto livello non ha persone che riportano direttamente a lui e non e’ responsabile delle review di dipendenti. Ad esempio io sono “fellow” a livello di vicepresidente come stipendio e benefici ma non sono nella carriera manageriale ma tecnica… questa cosa e’ fondamentale, perche’ altrimenti si arriva ad un punto in cui per un salto di carriera si deve passare dalla carriera tecnica, dove uno se e’ bravo ha comunque un tetto di stipendio, a quella di manager, che richiede pero’ competenze diverse. questo salto puo’ danneggiare due volte l’azienda. Primo, perche’ perde le competenze tecniche del bravo ingegnere costretto a fare da manager. Secondo, perche’ sotto un bravo ingegnere, non altrettanto bravo come manager, si lavora peggio e alla fine si cerca un altro posto.
INDIA, CINA E ITALIA – C’e stato un trasferimento dell’ outsourcing verso l’India, softwarehouse mandavano consulenti qui, c’era bisogno notevole, poi le aziende sono e’ cresciute in India ed hanno iniziato a sviluppare li’ i loro centri. Ma credo non durera’, perche’ la gente cambia velocemente e gli affitti crescono… forse durera’ di piu’ in Cina, dove tutto e’ piu’ controllato dal governo…
Semplificando un po’, quando raggiungi la massa critica, un centro di alta tecnologia si sostiene da se’… e in Italia questa cosa non c’e’ stata. Forse e’ un po’ colpa nostra, che abbiamo consapevolmente escluso che in Italia si potesse sviluppare un settore, a causa dei costi sicuramente piu’ alti che in India. Cina, in Russia e nei Paesi dell’Est, dove hanno tra l’altro ottime scuole . Questo costo del lavoro decisamente alto in Italia e’ stato un handicap.
RISCHIARE ANCHE CAPITALI – Un altro limite nella mentalita’ italiana: rischiare magari con idee nuove, ma non con i soldi. Ho visto molti amici arrivati qui iniziare con pochi soldi. Tendono ad un’espansione lenta, con la mentalita’ del non fare il passo piu’ lungo della gamba… ma qui quelli che hanno successo sono invece quelli che rischiano molto. Torresi ovviamente e’ tra le eccezioni… ma credo che gli italiani scontino questa mentalita’ da gestione familiare. E non solo nei soldi, anche nel voler tenere tutto sotto controllo. Mentre e’ normale che se un’azienda crescendo si quota o si fa finanziare da un venture capitalist, il fondatore non ha piu’ l’ultima parola su tutto…
PROFONDITA’ DI PENSIERO – Da quando sono qui, il numero di giovani americani che fanno gli ingegneri e diminuito. Alle riunioni la maggioranza sono cinesi o indiani, che hanno sistemi scolastici ottimi. Prima Cina era solo Taiwan e Hong Kong, oggi anche Cina Popolare. Dall’India molti vengono per un master e poi si fermano. In questo panorama, l’Italia non e’ cosi’ disastrata come sembra. A me ed altri italiani la nostra Universita’ ha dato una profondita’ di pensiero che qui si trova meno, un’abilita’ nel pensare fuori dagli schermi (think outside the box). Culturalmente, l’italiano e’ piu’ ribelle, meno conformista dell’americano e del cinese.
Ci sono anche dei vantaggi nell’ insegnamento accademico, troppo teorico, che si fa in Italia. E’ vero che serve in pochi casi. Ma a me e’ servito, perche’ teorico ha voluto dire piu’ profondo. Per questo l’Universita’ italiana va aggiornata ma non e’ da buttar via. Qui a Silicon Valley si insiste molto sul rapporto tra Universita’ (di Stanford) e industria. Anche troppo, io credo. Perche’ l’Universita’ deve fare anche ricerca, non necessariamente finalizzata ai prodotti. Per questo un’Universita’ a meta’ strada tra teoria e profondita’ di quella italiana, pragmatismo e applicazioni di quella americana sarebe l’ideale.
grande maestro Ezio…dobbiamo tornare a trovarlo a Brocade!
Valide le analisi fatte da Valdevit sulle differenze tra “i due mondi”.
Padova anni ’80 …… eppure quella faccia non mi è nuova ……