Biocarburante dalle alghe, la scommessa verde di Guido Radaelli e Aurora Biofuels
A 36 anni Guido Radaelli, milanese, sta lavorando ad un progetto che promette di essere davvero rivoluzionario: ricavare biocarburante non dai cereali ma dalle alghe.
Con Italiani di Frontiera, Guido ha parlato del suo lavoro in Aurora Biofuels, azienda di energie rinnovabili di cui e’ vicepresidente, avviata con finanziamenti in buona parte italiani. Ma anche del mondo accademico italiano che si e’ lasciato alle spalle. Con qualche riflessione amara.
DAL POLITECNICO A BERKELEY – La mia e’ una famiglia normale. Padre pensionato (ora studia con grande passione Internet), mia madre casalinga. Nato a Vimercate (1972), vissuto a Cologno Monzese, nord di Milano, sono arrivato negli Stati Uniti dopo la Laurea in Ingegneria chimica al Politecnico di Milano, per conseguire un master in business administration (MBA) all’Universita’ di Berkeley
Qui galleria fotografica.
AURORA BIOFUELS – La societa’ e’ partita nel 2006, con un’idea sviluppata a partire da una tecnologia inventata a Berkeley. Ottenuta la licenza del brevetto, abbiamo ottenuto un investimento da venture capital con Noventi, fondata daGiacomo Marini (gia’ cofondatore di Logitech assieme a Pierluigi Zappacosta, vedi post precedente), che ha raccolto fondi da Sorgenia, societa’ del Gruppo De Benedetti, Gabriel VP e Oak (uno dei piu’ grossi fondi di venture capital al mondo). Siamo piu’ di una dozzina a lavorare oggi in Aurora Biofuels, presto saremo il doppio.
LAVORARE SULLE ALGHE – Quel che facciamo e’ selezionare specie di microalghe provenienti da tutto il mondo,con l’ obbiettivo di identificare e, se possibile, migliorare le caratteristiche di quelle piu’ adatte a produrre olio vegetale, la materia prima per fare biodiesel. Stiamo ottenendo buoni risultati. In particolare, da una di queste alghe. Coltiviamo, selezioniamo e miglioriamo le specie per sviluppare caratteristiche specifiche utili per il processo di produzione, ad esempio per aumentare l’accumulazione di olio nelle cellule.
UNIVERSITA’ E RICERCA IN ITALIA – Temo che in Italia vada sempre peggio. Della mia generazione, molti sono andati all’estero dopo la laurea, tra i laureati in corso del mio corso di laurea penso che siamo all’estero in 19 su 20. Ma oggi vengono all’estero prima ancora della laurea, per finire gli studi. E ci restano. E’ tempo che se ne parli col giusto risalto. Ma quale fuga di cervelli, questa e’ la fuga delle persone normali! L’Universita’ in Italia e ‘ chiusa, ripiegata su se stessa come il Paese. E’ il momento di cambiare. Qui all’Universita’, molti professori sono stranieri. Quanti sono in Italia?
L’HANDICAP DELL’INGLESE – Ho lavorato a Zurigo, li’ la meta’ dei corsi di materie scientifiche sono in inglese. Per questo arrivano studenti da tutto il mondo. E in Italia? Quanti sono i corsi in inglese nelle nostre universita’? Pochissimi. Ci sono studenti che mi scrivono, vorrebbero venire in America… io chiedo loro: ma lo sapete l’inglese? “Stiamo facendo un corso”… ma quello serve solo per le basi, poi occorre venire qui. Magari a lavorare in un ristorante italiano ed imparare la lingua parlata.
CULTURA UMANISTICA E IGNORANZA SCIENTIFICA – Oltre all’inglese, l’Italia e’ gravata da handicap nella conoscenza delle tecnologie e delle materie scientifiche. Da noi ci sono professori di Lettere che si fanno un vanto di non saper fare due piu’ due… ma perche’ io mi devo vergognare se non conosco Dante e loro no, se non conoscono la matematica? Qui in America, se ti presenti in un’azienda e non sai niente di matematica, non sei nulla.
La storia di Guido è una storia recente molto bella, di uno che ha cominciato a fare l’ingegnere in realtà in Svizzera e non Italia, per poi decidere di ricominciare a studiare con l’MBA a Berkeley, da cui con colleghi conosciuti lì ha lanciato la start up. Un bel modello per tanti nostri giovani ingegneri che vogliono crescere…cominciare a lavorare in Italia o Europa poi con un pò di basi cercare l’MBA in USA..e da lì la start up. Sulle Università italiane Guido ha ragione anche se ci sono segnali di cambiamento: il Politecnico di Milano, ma soprattutto quello di Torino, con il suo Master nanotech in inglese con l’INPG di Grenoble e l’EPFL di Losanna..un bel trampolino verso il mondo, molti di loro in questi giorni stanno partendo in internship presso gli IBM Research Center di Almaden…selezionati da Luisa Bozano ( Roberto, un’altra italiana per i tuoi incontri)!..sì perchè per gli ingegneri, soprattutto per loro, il mercato oggi è il mondo, lo vedo io che con Aizoon cerchiamo ingegneri cinesi, indiani o polacchi per aziende italiane che lavorano in quei mercati….lasciamo che i giovani vadano come vanno le aziende ed i mercati, noi italiani ci faremo comunque sempre valere, per quello che abbiamo nel dna…Guido Radaelli, come Fabrizio Capobianco sono tra le ultime conferme.