Massimo Marchiori lascia Volunia: etica e stile nell’epilogo triste di una speranza made in Italy
Si chiama Volunia. Era la grande speranza dell’hi tech interamente made in Italy. Ma era iniziata male e sembra proseguire peggio.
Con un lungo sfogo online, Massimo Marchiori, lo studioso padovano al quale si riconosce il merito di aver elaborato l’algoritmo che ha ispirato il lavoro degli inventori di Google, ha annunciato la sua decisione di abbandonare la sua creatura Volunia, lanciato in febbraio con grandi ambizioni e speranze, come motore di ricerca di nuova generazione (qui il post su IdF con link ad uno nel blog di Forbes). Una novità accolta però sin dall’esordio con forti perplessità, in particolare per una modalità di comunicazione davvero sconcertante.
Personalmente, ero rimasto allibito di fronte alla pochezza di una presentazione online molto scadente. Non era proprio questione di forma, quella conferenza in streaming in uno stile burocratico politichese d’altri tempi. Ma sembrava contraddire tutto quel che pensavo di aver capito su come si lancia un prodotto hi tech a livello internazionale. E dimostrare che i protagonisti di allora tutto questo semplicemente lo ignoravano.
“Mi sono immerso anima e corpo in questo progetto per la bellezza di far progredire il mondo del Web, per il piacere di dare una scossa al futuro e fare qualcosa di utile. Ed anche per altri motivi, come quello di dare stimoli all’Italia, mostrare che si deve cercare di innovare, e non serve necessariamente scappare da questo paese per farlo. Vero è che un progetto del genere, per avere successo, deve generare utili”, scrive nel suo sfogo Marchiori.
Una lettera d’addio che ha suscitato non meno polemiche di quelle divampate alla nascita del controverso motore di ricerca. Perchè di fatto quello dello scienziato è un lungo, articolato atto d’accusa nei confronti di chi ha lavorato al suo fianco sino a ieri in questo progetto. Che si è suscitato dure critiche da parte degli sturtupper italiani. Al punto che Riccardo Luna, amico di IdF e direttore di CheFuturo!, in un articolo sul Post intitolato La famosa cultura del fallimento che non c’è ha voluto difendere Marchiori dagli attacchi.
Italiani di Frontiera ripete da tempo che Silicon Valley insegna he non si innova senza rischiare, fallire e ripartire. Ma per costruire su un fallimento bisogna avere la forza di riconoscere i propri errori, per imparare e non ripeterli e crescere. Non scaricare le colpe del fallimento sugli altri. Per questo, condivido in pieno l’ottima, impietosa riflessione di Francesco Sullo, amico di IdF, sul suo blog Marameu, in un post intitolato L’Italia delle startup ed il problema etico che ritorna. Che parte da uno spunto di un video di Dave McClure: “Non vi serve la Silicon Valley e non vi serve essere nella Silicon Valley, ma vi serve che quell’etica, quell’esperienza e quell’immaginazione siano dentro di voi, ovunque voi siate”.
“Credo che in questa frase sia sintetizzata la Silicon Valley: un luogo dove le persone si scambiano esperienze ed idee, dove si immaginano nuove strade e le si percorrono”, dice Francesco. “L’etica, che potrebbe sembrare un aspetto secondario, è centrale in questo processo. Perché è ciò che rende possibile questo enorme scambio di idee, soldi, energie, conoscenze”.
Per Francesco, “La lettera (di Marchiori) è veramente vergognosa. Uno scaricabarile memorabile in cui la colpa del fallimento è attribuita interamente ad altri, ed in particolare ad un fantomatico amministratore delegato (che non viene citato come a volerlo in qualche maniera proteggere, come se non fosse sufficiente fare una visura in CCIAA per sapere chi sia)”.
“Qui negli Stati Uniti, il fallimento è considerato importante perché si presuppone che chi abbia fallito abbia capito tutti gli errori commessi senza negare le sue responsabilità, cioè abbia fatto una esperienza importante che gli tornerà utile nella prossima avventura… la lettera di Marchiori è inaccettabile. E’ la lettera di uno che a suo tempo si è adornato di tutti gli onori derivanti dalla popolarità generata dal clamore sul “nuovo motore di ricerca che renderà Google obsoleto” e poi, quando quel motore non ne ha ingarrata una neanche per sbaglio, scarica tutte le colpe sugli altri, abbandonando la nave per primo, senza curarsi minimamente dei suoi compagni di viaggio che resteranno nelle mani dell’orco cattivo”, scrive ancora Francesco. Che a dire il vero punta la sua invettiva più contro la difesa di Luna che lo sfogo di Marchiori.
Non meno severo il giudizio sulla vicenda Volunia affidato a Facebook di un altro amico di IdF, Franco Folini (Novedge): “Mediocre progetto (Volunia), Mediocre presentatione (ve la ricordate?), Mediocre uscita (poteva almeno starsene zitto), Mediocre assunzione responsabilità”.
Quale che sia il futuro, di Volunia e di Marchiori, questa vicenda lascerà il segno. Non nel campo del business ma in quello culturale: ha dimostrato come anche nel magico mondo degli innovatori sia difficile lasciarsi alle spalle cattive abitudini stereotipate, come lo scaricare le responsabilità sugli altri, abbandonare la nave in difficoltà, accampare solo scuse. Con tutti i suoi difetti, la Silicon Valley descritta da Francesco è ancora lontana…
PS: La mia richiesta di accesso a Volunia era rimasta senza risposta (così come quella di contatto con Marchiori). Coincidenza: la mail di risposta (positiva) mi è arrivata ieri.
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